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Visualizzazione dei post da ottobre, 2022

UMANITA' CALPESTATA

  In questi tempi… in cui l’umanità viene calpestata nel nostro mare, in cui le navi cariche di migranti vagano in attesa di porti che, invece, vengono chiusi, in cui l’attuale governo di destra vuole rinnovare l’accordo per riportare quei disperati nei lager libici, pubblichiamo una poesia di Chiara Cretella tratta dal testo dello spettacolo teatrale “Rumore” di Barbara Balzerani e Item Maestri, spettacolo prodotto nel 2003 dalla compagnia Macchine Teatrali e di cui ha curato collettivamente la regia.   L’AMERICA   Dopo quaranta giorni vedemmo il sole, era strano, lattiginoso come la spuma marosa che ci portava ho pensato di sognare, su quel pancione ingrossato latte di bimbo che ammazza ero senza risposta una traversata universale il cielo e la terra uniti in un’unica notte stellata nella stiva della nave, ed io, piccola cosa bionda preda rosea affianco ai rapaci della sera avvoltoi sulla mia cerniera ma era uguale, lasciarsi prendere o dormire soffrire o gioire era la medesima spugn

UNA "CRITICA" AL CONCETTO DEL MERITO

  “Merito” è un parola bastarda. È viscida, infida, bugiarda. Eppure si presenta con una faccia per bene, col suo nasino all’insù, pettinata, profumata, fresca e fragrante come se fosse appena uscita dalla doccia. Sono in molti, troppi, a farne una bandiera illudendosi, poverini, che sia la ricetta miracolosa per combattere il nepotismo e il clientelismo. Ma è esattamente il contrario: dietro al suo abuso si sviluppa l’intrallazzo più spudorato. Ma è anche una parola di grande potenzialità che apre orizzonti inaspettati su strade oggi poco battute, infatti avviandoci alla sua “critica” si ha l’opportunità di smascherare i meccanismi di dominio ideologici della società capitalista. Ma andiamo con ordine.   Innanzi tutto il “merito” è una partita truccata, una gara (una gara sì, perché sottende un’idea di competizione) dove i blocchi di partenza non sono sulla stessa linea, al contrario di quello che ci fanno credere (tutti abbiamo le stesse possibilità). Non tutti partiamo dalla st

IL CARATTERE COLLETTIVO DEL LAVORO CULTURALE

  La realtà è complessa, non c’è niente da fare, ci dobbiamo arrendere. Noi, in tutti in modi, cerchiamo di semplificarla ma essa sfugge alla nostra comprensione, non ci sta e ogni volta scappa via. Ma, per cominciare, non possiamo che partire da una domanda: che cos’è la realtà? E qui si apre una storica diatriba tra le due correnti fondamentali del pensiero umano (l’idealismo e il materialismo) che non vogliamo nemmeno sfiorare anche se non neghiamo che la nostra è una visione materialista. La realtà è sostanzialmente RELAZIONE. Tra gli uomini, tra questi e il resto del mondo animale e vegetale, con l’ambiente, con la nostra Terra che ci ospita e tra la Terra e gli altri oggetti dell’Universo. Se vogliamo scendere nella sua dimensione più minuta essa, la realtà, come ci indicano le più recenti teorie della fisica, è la relazione tra i vari campi che, in un brodo caotico e primordiale, determinano le particelle elementari e le innumerevoli relazioni tra queste. Insomma se c’è una paro

I SERVI

  C’è la guerra! Proprio al centro della nostra Europa. L’avete capito? Oppure non ve ne importa niente? E che fate? Continuate a fare quello che facevate prima: dormite, mangiate, lavorare, fate l’aperitivo, andate in ferie, insomma, affannandovi a recuperare tutto quello che avete perso nei due anni di pandemia, ve ne fottete e vi voltate dall’altra parte. Eppure c’è gente che si ammazza, qui, a un tiro di schioppo da noi. Al massimo un nastrino giallo e azzurro sulla giacca per mettervi a posto la coscienza. Ma credete veramente che la guerra sia tra l’Ucraina e la Russia? Suvvia! Quale speranza? Antonio Tabucchi, in questo articolo uscito per la prima volta su Le Monde e poi riportato su un libro, di fronte ai milioni di persone che erano scese in piazza per la pace nel 2003 quando l’Occidente ha scatenato la guerra in Iraq, ha indicato la sua. Sembrano passate ere. E adesso dove siete? Dove siamo?     I servi. Cosa ne sarà dei servi? Di noi, lo sappiamo. Siamo uomini incer

L'OPPIO DEL POPOLO

Ma davvero non c’è più niente da fare?   Questa è la domanda che ci rimbalza nella testa come una pallina impazzita che cerca di trovare una via per uscire, magari dalle orecchie. Di fronte a come è combinato il mondo con le sue ingiustizie, le sue violenze, le sue guerre, le sue malattie, il suo cammino di autodistruzione in cui, a passi svelti, s’è avviato la domanda è davvero legittima. Per di più nel nostro “giardino di casa” prevedibilmente ci aspettano tempi che dire bui è un eufemismo. Con la Destra al governo non è difficile prevedere limitazioni ai diritti civili e sociali, un aumento delle sperequazioni dove sempre più persone faticheranno a campare mentre i pochi super-ricchi saranno sempre più ricchi. Soprattutto ci aspetta un controllo su tutti gli strumenti della vita culturale, dall’informazione alla letteratura, al teatro, al cinema, alle arti in genere per non parlare della scuola e dell’università. E allora che fare?   “Ecco una domanda angosciosa, che mi viene di

DA DOVE VENIAMO

                    NOI chi siamo? NOI NON SIAMO!   Per prima cosa NOI NON siamo IO. NON siamo la peste di questo tempo: NON siamo l’individuo. NON siamo disconnessi né dagli altri né dall’ambiente in cui viviamo. NOI esistiamo solo in relazione con gli altri perché è così che si nega l’IO e ci si riconosce comunità. NON siamo atomi isolati che girano nello spazio di prigione che ci è dato. NON abbiamo né meriti né talenti, NON siamo concorrenti. NON siamo l’uno ma multipli dell’uno. Pertanto NOI siamo NOI, un pro/nome collettivo. Nel N[O/I] c’è un IO all’incontrario e davanti un NO.   In secondo luogo NOI NON siamo “tutti uguali”. NON siamo sulla stessa barca, NON amiamo l’idea falsa di “umanità”. NON siamo per la media aritmetica ma per la divisione. NON amiamo stare in mezzo perché siamo una parte. NON ci piace l’inno nazionale. NON restiamo nell’ordine ma navighiamo nel disordine, NON crediamo nella continuità perché lavoriamo per la rottura, la rottura di quest’ordin

MANIFESTO DEI VALORI

Per noi la Letteratura è lo strumento per capire il mondo e le relazioni che lo determinano. Ma la realtà è complessa e servono risposte articolate per interpretarla. La semplificazione dominante, invece, in Letteratura come in altri ambiti, ne nasconde le caratteristiche più profonde. Soprattutto la realtà è contradditoria e la sua lettura dipende dagli strumenti che si usano per guardarla. Insomma dipende da quale parte si sta nella contraddizione. Per quanto ci riguarda dichiariamo apertamente che il nostro sguardo è quello di una parte, quella parte che pensa che non ci sia niente di immutabile perché tutto è in movimento, che un altro mondo sia possibile e che sia possibile, soprattutto, praticare le azioni per cambiare quello che abbiamo. Prima di tutto bisogna capirlo ma per capirlo occorre trasformarlo, occorre prendere parte e non sorvolarlo con la falsa illusione di poter stare sopra le parti.  Noi pubblichiamo e pubblicheremo solo quelle opere che spingono a pensare, riflett