La realtà è
complessa, non c’è niente da fare, ci dobbiamo arrendere. Noi, in tutti in
modi, cerchiamo di semplificarla ma essa sfugge alla nostra comprensione, non
ci sta e ogni volta scappa via. Ma, per cominciare, non possiamo che partire da
una domanda: che cos’è la realtà? E qui si apre una storica diatriba tra le due
correnti fondamentali del pensiero umano (l’idealismo e il materialismo) che
non vogliamo nemmeno sfiorare anche se non neghiamo che la nostra è una visione
materialista. La realtà è sostanzialmente RELAZIONE. Tra gli uomini, tra questi
e il resto del mondo animale e vegetale, con l’ambiente, con la nostra Terra che
ci ospita e tra la Terra e gli altri oggetti dell’Universo. Se vogliamo scendere
nella sua dimensione più minuta essa, la realtà, come ci indicano le più
recenti teorie della fisica, è la relazione tra i vari campi che, in un brodo
caotico e primordiale, determinano le particelle elementari e le innumerevoli
relazioni tra queste. Insomma se c’è una parola che può definire meglio di
altre la realtà questa è RELAZIONE. La realtà non è altro che queste relazioni
e se vogliamo conoscerla, seppur anche solo parzialmente, dobbiamo imparare a
indagarle. Ma queste sono infinite, contradditorie, complesse, non sono mai
assolute ma dipendono dal sistema di riferimento usato, insomma il processo di
conoscenza è un compito arduo e faticoso, certo non semplice e lineare.
Soprattutto è una continua approssimazione al vero (o al bello), magari sempre
più profonda, dove il vero e il falso convivono e dove il dubbio è il faro che
guida la ricerca.
Tutto questo
per dire cosa? Che il percorso per arrivare al vero (o al bello) è fatto di
contraddizioni e che ogni volta, per fare un salto di conoscenza, c’è bisogno
di una sintesi che non è mai “mediazione” bensì un superamento della
contraddizione attraverso un criterio di verità (o bellezza). Può “l’individuo”
isolato (vero moloch dell’attuale società iper-liberista), il “genio”, il
“talentuoso” assolvere a questo compito? No, troppo complesso è il campo di
indagine e nessuno, da solo, può riuscire a coglierlo nella sua interezza e
neanche nella sua parzialità. Infatti, oggi, la ricerca della conoscenza (leggasi
il lavoro culturale), da quella scientifica a quella sociale, da quella
economica a quella politica fino ad arrivare a quella artistica, è
collaborazione tra “individui”. Insomma è un processo collettivo d’una comunità
specialistica (le università) e talvolta anche di una più grande comunità sociale
(la classe) e solo questo carattere collettivo può raggiungere la ricchezza
della conoscenza. La dimensione collettiva è la sola in grado di governare la
contradditorietà del reale perché in essa si confrontano/scontrano le diverse
posizioni (i diversi strumenti di interpretazione e misura), le diverse
sensibilità e le diverse libertà (di pensiero).
E veniamo a
noi: svolgiamo, quali editori, un lavoro culturale e allora non possiamo non
porci alcune domande: 1) come si configura, nella moderna società capitalistica,
il lavoro culturale nell’interpretazione della complessità? 2) la letteratura
produce conoscenza? 3) quali sono gli strumenti da utilizzare? Alla prima
domanda rispondiamo con un’acquisizione ormai riconosciuta da tutti o quasi:
nella moderna società il lavoro culturale è stato sussunto quasi completamente
dal processo di produzione di valore del Capitale. Non esistono più gli
intellettuali novecenteschi ma una massa di lavoratori culturali (per di più proletarizzati)
che producono “merci” (ad es. moda, design, finanza, marketing, etc…), che non
lavorano più, quindi, con idee ma con “cose” seppur immateriali. Al massimo
lavorano alla produzione di idee che danno forma agli strumenti egemonici della
classe dominante (Informazione, media, scuola, università, etc…). Alla seconda
domanda rispondiamo che, certo, la letteratura può essere un processo di
conoscenza ma alle seguenti condizioni: a) che sia in grado di cogliere (e
voglia) la complessità della realtà e la sua conseguente contradditorietà b)
che parta da un rapporto stretto con la realtà sociale e con i contenuti che
essa esprime in un processo di osmosi continuo (verso l’idea d’un “autore
collettivo”) in grado di rompere il velo di mistificazione del pensiero unico
riconoscendosi in una parte.
La risposta alla terza domanda, allora, appare
assai semplice, quasi banale: solo la dimensione collettiva del lavoro
culturale produce la ricchezza in grado di raggiungere il vero e il “bello” e solo
le diverse competenze, sensibilità, sensazioni e desideri, confrontandosi e
scontrandosi all’interno della stessa parte, intesa come l’ancora che si oppone
ai marosi pericolosi del relativismo, sono in grado di produrre quella ricchezza
necessaria per capire il mondo.
Il collettivo editoriale delle Edizioni del Mondo Offeso
Collettivo da
“colligere” raccogliere verbo latino che a sua volta viene da “cum legere” e ci
parla dell’essere insieme, del raccogliere ma anche del leggere.
Il collettivo
delle Edizioni del Mondo Offeso è nato sotto il segno del NOI.
2020. Pandemia.
Ognuno chiuso in casa col suo IO malato. Tanta sofferenza, tanti inutili canti
ai balconi, tanta disperazione. Eppure,
intorno alla Libreria del Mondo Offeso si crea subito un gruppo di riflessione,
dibattito, condivisione e non di chiacchiere né di ricette per la pizza ma di
cibo per la mente e l’anima: cultura, arte, letture e libri, come un grande
focolaio per riscaldare le menti. Il grande cerchio del NOI prende forma prima
in un “foglio”, chiamiamo così il tessuto di testi e immagini corsari creati a
più menti e penne durante alcuni mesi.
2021 . Aprile.
Primavera. Nasce quasi naturalmente l’idea di un collettivo-casa-editrice: le
Edizioni del Mondo Offeso. Forse l’idea non è nuova ma la realtà si.
Ottobre 2022.
Due libri pubblicati, particolari, importanti, non omologati, da leggere, da
capire: Senza una stella sopra la testa
di Giovanna Vignato e Il tempo non ha una
storia di Ivan Bormann.
Come ci siamo arrivati?
Facendo operare il NOI ad ogni momento, dalla ricezione del manoscritto alla
stampa vera e propria del libro. Chi scrive e vuole essere pubblicato ma
soprattutto pensa, come noi, che la letteratura è un prezioso strumento per
capire il mondo e forse cambiarlo, quando ci invia il suo manoscritto, ha la
certezza che il suo testo sarà letto integralmente e collettivamente perché
anche la lettura è attività plurale. La lettura solitaria di un libro è pura
illusione. Qualsiasi lettura (come qualsiasi scrittura), è, alla base,
informata – e arricchita - da tutti i testi letti da noi e dagli altri. In
secondo luogo, il manoscritto lo studiamo, collettivamente. Lo studiamo sotto
tutti i punti di vista, con impegno, interesse, curiosità, come fonte di potenziale
arricchimento del pensiero e della sensibilità contemporanei. Fonte di domande,
di inquietudine, non di soluzioni sedative per adattarsi al “mondo come va”
perchè il mondo va male, crediamo. Pertanto non diamo niente per scontato e
niente è mai scontato quando il collettivo scompone, vaglia, discute, riflette,
scrive, dopo scambi, scelte, ripensamenti, e poi decisioni. E ci sembra
naturale che gli autori vengano coinvolti in questo processo/progresso di
domande, precisazioni, suggerimenti contribuendo anche loro al lavoro
collettivo. Tale approccio è una garanzia per evitare che un’opera si
impoverisca se lo si trasforma nell’ennesimo prodotto dell’industria culturale
standardizzata che insegue illusori gusti del pubblico i quali, come per
qualsiasi altra merce, vengono indotti dalla cultura dominante.
L’incrocio e
l’intreccio delle visioni di ogni componente delle Edizioni del Mondo Offeso,
le sue esperienze, il suo vissuto permettono di mettere l’opera al centro e
farne emergere l’aspetto collettivo e non soltanto pubblico, perché un
autore/un’autrice deve trovare dei lettori non dei consumatori
“cartafagi”. Gli approcci intellettuali
ed emotivi molteplici, multidimensionali, le letture e riletture diverse e
originali dei testi, i collegamenti con quanto stiamo vivendo sono certamente
per noi una ricchezza ma lo sono e lo saranno anche per chi ci sottopone il suo
manoscritto che si troverà coinvolto in un processo di scambio dialettico e non
di fredda valutazione critica. Dal lavoro sul testo fatto dal collettivo con la
molteplicità dei giudizi e reazioni si prefigge il futuro del libro.
La nostra è una
scelta agli antipodi dell’esaltazione esasperata dell’io-creatore ma crediamo
che il nostro modo di interrogare i testi, di sondarli collettivamente e non di
percorrerli, di pensarli in modo responsabile ad ogni tappa del processo che li
porterà a essere libri, di seguirli con cura e anche passione sia una
ricchezza.
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