Piovono le bombe. A Gaza. Piovono le bombe.
Dalle pance degli aerei d’Israele. Piovono a grappoli. Bum! E non stanno tanto
lì a guardare. Cadono così, tanto per cadere. Nella Palestina dolce ed
impotente. Cadono le bombe. A Gaza. Bum! Cadono le bombe. Alla faccia della
loro intelligenza. Ma le bombe non hanno gli occhi per guardare. Non vedono le
facce. Le facce dei vecchi. Che, sapienti, sono stanchi di fuggire. Le facce
dei bambini. Che, crepando, continuano a giocare. Le facce delle donne. Che, arcigne, insistono
a campare. Distruggono i villaggi e le città. Bum! Le bombe intelligenti.
Insieme al loro ripieno d’anime gementi. Macerie di sassi e cani e corpi umani.
Un pasto inaspettato per i porci affamati al pascolo. E mangiano, i porci. Mangiano.
Gli uomini spappolati. Mangiano. Le membra dilaniate. Mangiano. I pezzi di
carne umana. Mangiano. I cani. Mangiano, i porci. E per loro è una gran festa.
Sono via di testa! Presi come sono dalla frenesia alimentare. Mangiano, i
porci. Con appetito ripugnante. Con soddisfazione piena. Con gioia allucinata
quel pasto disperato. Mangiano, i porci. Le carni degli uomini per ingrassare.
Per poi essere rimangiati. E mentre mangiano, ringraziano le bombe. Bum! E sono
felici, i porci. Ed è felice anche il guardiano. Che l’ha marchiati a fuoco con
la stella d’Israele. Pure se le loro carni sono impure. E li guarda, i porci.
Mentre masticano grugnendo. Li guarda, i porci. Dal balcone del suo palazzo che
s’affaccia sul mare. Li guarda. Mentre si rotolano, a pancia piena, nel loro
stesso fetido letame. Tra vomito e sangue umano. Guarda i porci, quel
guardiano. Li guarda. Ed è sereno. E mentre li guarda pensa. Pensa al prossimo
bombardamento. Pensa al prossimo banchetto per i maiali. Piovono le bombe. A
Gaza. Piovono le bombe. Bum! Su questa follia alimentare. Adesso, dai fori di
quella terra dalle bombe martoriata, spuntano bambini. Nudi. Strisciano come
vermi. Nudi e impolverati. Bianchi. Non considerati. Vermi. Morti ammazzati! Ma
tutti ancora con la voglia di correre e giocare. Giocano i bambini. Giocano.
Mentre lì intorno, i maiali continuano a mangiare. Il cielo è sereno. Fa un
caldo infernale. C’è puzza di carne marcia. Ma tutti fanno finta di non
sentire. Tutti non hanno più parole. C’è puzza di carne marcia. Ma che altro
c’è da fare? Intanto portano i cadaveri. Le mamme disperate. Portano i
cadaveri. E li mettono al centro della piazza. A Gaza. Portano i cadaveri, le
madri, tutt’altro che rassegnate. I cadaveri dei loro figli bombardati. Dei
loro figli morti ammazzati. Dai piedi gli hanno tolto anche le scarpe. Prima di
morire. Perché si muore scalzi e non vestiti a festa. Portano i cadaveri. Le
mamme palestinesi. Portano i cadaveri. E il mucchio cresce. Al centro della
piazza. Cresce fino a forare il cielo. Fino a guardare in faccia un qualunque
Dio. Cresce alimentato dalla processione di quelle donne in nero. Che sembrano
formiche. Che arrivano in file lunghe. Ordinate. Cresce il monumento disperato
alla follia del mondo. Ormai è alto quanto gli scheletri dei palazzi. Quanto i
mucchi di macerie. Quanto l’odio dei ragazzi. E cresce. Cresce. Cresce, che
sembra una montagna! E le donne si devono arrampicare. Per posare i loro figli
ormai cadaveri. Adesso altre donne arrivano da tutto il mondo. A Gaza. Arrivano
da ogni angolo della Terra. Per strade sghembe. Non segnate. Anch’esse
impolverate. Donne come una bandiera. Bianche. Nere. Gialle. Tutte con in mano
il ricordo dei loro figli morti ammazzati. Tutte con i visi dalle lacrime
solcati. Donne come una bandiera. E portano i cadaveri, le madri di tutto il
mondo. Portano i cadaveri. Intanto, lì intorno, i porci continuano a mangiare.
Mangiano. E il guardiano li sta a guardare. Gustando la sua vendetta. Quando… da
dietro le rovine, spunta un cane. È un bulldog americano. Bianco. E vivo.
S’avvicina al monte di cadaveri accatastati. Muove un po’ la coda. Si guarda
intorno poi alza la gambetta. E ci fa sopra una pisciata.
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