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VIAGGIO ALLE ORIGINI DELLA DISUGUAGLIANZA

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UN INCUBO

Da lontano… vedo un Vecchio! S’avvicinava. In principio non riuscivo a vedere bene. C’era nebbia. Vedevo solo una figura appena accennata che arrancava faticosamente. Poi, mano a mano, l’ho vista meglio. Chi era? Davanti a me quella figura si precisava. Era alta, con una tunica che gli arrivava fino ai piedi. Scalzi. Una volta quella tunica, mi son detto, doveva essere stata bianca ma ora era tutta impiastricciata di sangue e d’olio di motore. Il Vecchio sembrava più alto del normale anche se piegato malamente dal peso degli anni che si portava addosso. Camminava con passi trascinati e incerti. Sembrava uno scheletro. Con la pelle che, a brandelli, si staccava dalle ossa. A quel Vecchio gli è rimasto poco tempo da campare, subito ho pensato. L’ho guardato meglio. Portava capelli lunghi e bianchi che gli arrivavano sulle spalle ma sfilacciati e lerci come una latrina. E sicuramente erano pieni di pidocchi! Il suo volto metteva paura. Le occhiaie gli calavano sulle guance. Il naso era sc

QUEL RITIRARSI DELLE PAROLE

  Riportiamo un articolo di LUCIANA CASTELLINA pubblicato su Il Manifesto   I nostri padri hanno parlato e straparlato. Allora si fumava, tutti e ovunque, e intanto si discuteva, ci si scontrava, si litigava; e però si inventava anche un mondo diverso. Perché ciascuno aveva un'idea che pensava (o pretendeva) fosse possibile condividere, renderla comune in nome di un soggetto collettivo che avrebbe potuto trasformarla in concrete conquiste. Poi, si sono ammutoliti. Perché ciascuno ha preso a pensare solo a sé stesso, e per rivolgersi a sé quando non si ha più voglia di rivolgersi all'altro, parlare non serve. Non viene più voglia di farlo neppure con i propri figli. E, in definitiva, nemmeno con sé stesso. Questo il punto da cui parte l'ultimo libro - Il silenzio del noi (Mimesis, pp. 90, euro 8) - di Niccolò Nisivoccia. Come è arrivato questo silenzio, quando e perché? Quando - scrive - i nostri padri, la generazione precedente a quelle giovani di oggi, hanno smesso di int

QUANDO LE PAROLE SERVONO

  QUANDO LE PAROLE SERVONO di Sildenepro   Le diverse specie sopravvivranno? Sopravvivrà la vita umana organizzata? Sono domande che non possono più essere ignorate. Non è più possibile restarsene in parte a guardare. Se si sceglie di farlo, si fa la peggiore scelta possibile. Noam Chomsky, Marv Waterstone, Le conseguenze del capitalismo   Leggete le pagine di La farfalla e l'ape regina , nell’articolo precedente del blog sui dolori del Novecento. Non si trova niente di simile nelle compilazioni memoriali, storiche all'ingrosso. Una bellezza espressiva, retorica nel senso alto non delle ragioni del cuore afflitto ma del cuore della ragione viva... Ho appena ricevuto il libro da due autori del collettivo, Marco e Felice, delle Edizioni del Mondo Offeso, passati a discutere lo sviluppo del mio romanzo segnalato al Calvino su il "Feto alfa", previsto per settembre. Letto l'inizio di La farfalla e l'ape regina , m'è chiaro l'interesse pel mio lavoro: una i

ALCUNE DOMANDE AI REDUCI DELLE STAGIONI DEL ‘900

  …Potrebbe capitare che tu, lettore, voglia domandare, a me o a qualcun altro di quei strani personaggi, come ne siamo usciti da quegli anni. Potrebbe capitare. Potrebbe anche capitare, però, che noi fossimo un tantino reticenti, che cercassimo di scansare la risposta, che facessimo, insomma, come ci capita da un po’ di tempo, orecchie da mercante. Potrebbe capitare che dopo un lungo tira e molla, a fronte delle tue insistenze, ci decidessimo a parlare e potrebbe capitare che ti rispondessimo così: vivendo! Allora potrebbe capitare che tu esclamassi: ma che vuol dire? Noi, sempre continuando in quell’ipotesi, potremmo insistere dicendo che si, ne siamo usciti solo vivendo e potrebbe capitare che aggiungessimo anche che ne siamo usciti come abbiamo potuto e soprattutto come abbiamo saputo e che per noi solo questo era l’importante. Potremmo anche completare l’argomentazione confessandoti con tutto il cuore che a tutto il resto non sappiamo dare una ragione. Allora potrebbe capitare che

L'IGNORANZA

  La dittatura dell'ignoranza, che ha dato il titolo a un testo di Giancarlo Majorino, ha "sdoganato" l'orgoglio di essere ignoranti; il disprezzo per il sapere e i suoi cultori; la pretesa di "fare" e saper fare anche senza conoscere; la convinzione di essere comunque migliori di tutti gli altri. In Italia lo strumento principale di questo passaggio è stata la televisione: non solo nei notiziari e nelle trasmissioni politiche, quanto nella securitaria (fondata sulla propalazione della paura) e decerebrata (fondata sulla stupidità) rifilata al pubblico culturalmente più indifeso dalle trasmissioni di intrattenimento. Ma si è innestato su processi globali. Il primo è il passaggio epocale dalla cultura scritta di libri, giornali e riviste a quella audiovisiva di televisione e internet. I "contenuti” veicolati su questi supporti possono essere gli stessi ma in genere non lo sono ma le modalità di trasmissione e recepimento li alterano radicalmente: il medi

IMPRESSIONI, RIFLESSIONI, ESPRESSIONI DI UN DÉRACINÉ

  di Sildenepro da Castromangio & Gemistoffo (Diario di Silde: Intarsiare l'asfissia dell'oggettivo, col respiro della singolarità vissuta? metodo Carrère, Céline, Dost...) Stamattina l'ho vista brutta, ci siamo mi son detto: domani faccio 76 anni, mi sta venendo un ictus... nel dormiveglia la sensazione di una perdita di controllo fisico della coscienza, un ritorno di labirintite? Da troppi giorni ho parestesie alle tempie, dovute a troppe cause: sedentarietà (non faccio altro che leggere o scrivere, e sono stufo di camminare)... vecchi traumi... in questo momento ho la sensazione di poter svenire da un momento all'altro... Non mi curo e non mi sono mai curato, dice l'uomo del sottosuolo, il mio vero fratello! se non leggerete queste parole, è perché... Hanno scritto le riflessioni d'un condannato a morte... si è scritto di tutto... io mi sono auto-incarcerato, da almeno trent'anni, forse più... sono un cosiddetto (e chi lo dice più?) artista déraci