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UMANITA' CALPESTATA

 


In questi tempi…

in cui l’umanità viene calpestata nel nostro mare,

in cui le navi cariche di migranti vagano in attesa di porti che, invece, vengono chiusi,

in cui l’attuale governo di destra vuole rinnovare l’accordo per riportare quei disperati nei lager libici,

pubblichiamo una poesia di Chiara Cretella tratta dal testo dello spettacolo teatrale “Rumore” di Barbara Balzerani e Item Maestri, spettacolo prodotto nel 2003 dalla compagnia Macchine Teatrali e di cui ha curato collettivamente la regia.

 

L’AMERICA

 

Dopo quaranta giorni

vedemmo il sole,

era strano, lattiginoso

come la spuma marosa che ci portava

ho pensato di sognare,

su quel pancione ingrossato

latte di bimbo

che ammazza

ero senza risposta

una traversata universale

il cielo e la terra uniti

in un’unica notte stellata

nella stiva della nave,

ed io,

piccola cosa bionda

preda rosea

affianco ai rapaci della sera

avvoltoi sulla mia cerniera

ma era uguale,

lasciarsi prendere o dormire

soffrire o gioire

era la medesima spugnosa cosa

che mi attraversava e non mi toccava

forse la prima notte

quando salita bambina

che non sapeva nuotare

mille brani di pelle saltati

disegnavano nell’aria

circonferenze di estrema sofferenza,

l’ultima dell’adolescenza

la nausea è il mal di mare

la medesima silenziosa cavalletta

che d’un balzo ti assale

e i contorcimenti della pancia

anche quelli

triangoli di speranza

incrociati in alto mare

giocavano a scacchi

sui miei seni

dormivo con un pezzo di legno

intagliato con le unghie

ogni notte dopo le botte,

contorcimento dopo sfinimento

ogni stupro un piccolo taglio

una ferita infinita

sul tronco

della mia vita

c’era un bimbo che mi guardava

quando sanguinavo beveva

il mio sangue

perché non c’era latte,

e versavo sangue dai seni

lui mi ringraziava

rendo grazie a te,

Porca Madonna,

spigolo accogliente,

fessura nel muro,

scoglio scivoloso e duro

benedetto sia il tuo corpo martoriato,

Porca Madonna,

resto in pace tra i serpenti

questi vermi che mi escono e dilaniano

li poso ai tuoi piedi sporchi

benedette le tue spalle genuflesse

Porca Madonna,

questi sorrisi avidi e interdetti,

i tuoi rovi dove ritrovo

filigrane d’oro attorcigliate

nel reame dell’inferno

dove l’edera ti ha ricoperto

e quel soldato

che hai lasciato

per correre verso una nuova patria

così ti ripaga

lenta agonia che ti porta via

ma cosa potevo sapevo?

cosa dovevo?

e vi chiedo è giusto

l’uomo all’uomo

offendere e tagliare

è giusto perseguitare?

mi hanno rotto

come un sasso che si spacca,

una bottiglia in testa

ed ora sono liquidi i pensieri,

si spargono tra i carcerieri

e assassinato l’odore dell’alba

sono costretta in questa notte eterna

perché puttana si diventa

e non è scelta estrema

ma galera

sofferenza di cui non puoi più fare senza

animale ferito che ribolle

nel pentolone della superstizione

sono il vostro oscuro rancore

che prende corpo col terrore

nel buio del portone

o sulla strada

giustiziata senza mano destra

perché non c’è giustizia

né presenza

mettetevelo in testa

è la medesima incredula cosa 

offrire o tagliare una rosa.


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