La libertà: come
il “merito” anche questo è un concetto assai viscido e scivoloso. Ma come? La
libertà è un valore assoluto, ci sentiamo ripetere a ogni piè sospinto. Certo si
può declinare in molti modi ma talvolta clamorosamente contradditori. Tutto
dipende dall’aggettivo che gli si mette a fianco. La libertà senza alcun
aggettivo non ha alcun significato, è astratta, vuota, analogamente al concetto
di individuo. Libertà da cosa? Libertà per chi? Queste sono le domande che
occorse farsi. La coscienza dell’uomo è costituita dal suo essere sociale
determinato storicamente. Quindi, tanto per cominciare, il concetto di libertà
non è un valore assoluto (e tanto meno eterno) bensì relativo al tempo storico
e alla posizione che ognuno di noi ha nel consesso sociale (classe di
appartenenza).
Nella società
contemporanea la libertà viene sempre accompagnata dall’aggettivo
“individuale”. Ma anche l’abbinamento di questi due concetti (libertà e
individuo) ha due aspetti tra loro contradditori. Da una parte il “concetto
combinato” deriva dal dominio, nel pensiero moderno, del concetto di individuo
come valore assoluto e incontestabile negando il fatto che ognuno di noi è
frutto di un sistema di relazioni e quindi è determinato dal modello sociale dato
(la società). Ogni uomo deve essere libero di esprimere i suoi valori e i suoi
talenti, di vedere valorizzati i suoi meriti (in definitiva ognuno deve essere
libero di intraprendere), dice la società capitalistica iper-liberista. In un
altro articolo di questo blog (quello sul merito) abbiamo visto come questo non
solo è sbagliato ma è una vera e propria menzogna. Questo modello di libertà
assoluta declinata sull’individuo (libertà di fare i “cazzi propri”, sarebbe
meglio dire) permette di sottacere e intaccare (magari, in malafede, facendosi
paladino della difesa della libertà stessa) le libertà altrui negando la
necessità di confrontarsi con gli interessi (e le libertà) degli altri
individui cioè della società intera (ne è stato un esempio la vulgata - di
destra - no vax durante la pandemia). L’altro aspetto della contraddizione,
però, è che in una data società (la nostra) è essenziale difendere le libertà
individuali intese come diritti civili (libertà di pensiero, di religione, di
orientamento sessuale e di quant’altro attiene alla nostra persona e al
conflitto sociale) perché questo vuol dire conservare e costruire spazi di
dissenso rispetto alle regole di dominio e mantenere la possibilità di
contestare le regole di una società ingiusta. Ma, attenti, anche questo aspetto
non può che essere declinato unitamente alla battaglia per la giustizia sociale
e per il raggiungimento di una società libera dal bisogno altrimenti si cade
nell’accettazione, di fatto, del primo. Ne è dimostrazione il fatto che la
cosiddetta “sinistra” contemporanea, tutta vocata ai diritti civili (quella
ormai detta dello ZTL), ha perso la sua natura di soggetto promotore di un
nuovo modello di società accettando il modello esistente (quello capitalistico).
Ma torniamo
alle domande iniziali: libertà da cosa? Libertà per chi? Cominciamo dalla
prima: non è data alcuna altra libertà se non c’è libertà dal bisogno. Come può
essere libero un uomo se è costretto a sbattersi per vivere e mangiare? Non ne
avrebbe nemmeno il tempo e sarebbe sempre costretto a sottostare ai ricatti
altrui. Quindi la libertà vive storicamente come uno strumento di liberazione
economica, sociale e politica il cui termine ultimo è quello di liberare l'uomo
dalla miseria, dalla guerra e dalla lotta di classe, quando finalmente ognuno
sarà concretamente libero, materialmente e spiritualmente. Di conseguenza
andiamo alla seconda domanda: libertà per chi? Per tutti (ma proprio tutti) gli
uomini liberati dal bisogno. Se non fosse così ci sarebbe sempre chi è “più
libero” di altri perché possiede i mezzi per sostenersi mentre altri sarebbero
costretti ad accettare limitazioni alla sua libertà pur di mangiare. Ancora una
volta, quindi, possiamo affermare che una vera libertà si può ottenere solo
quando storicamente si arriverà a una società di uguali. È utopia? È un sogno?
Certo, in una società dove il pensiero egemone sostiene che questo (quello in
cui viviamo) sia il mondo migliore che si possa avere, lo si potrebbe pensare.
Invece la Storia ci indica che il “sogno” diventa sempre progetto sociale e
politico a condizione che si lavori perché diventi storicamente realizzabile a
partire dagli elementi di critica scientifica dell’esistente. Non c’è
evoluzione sociale senza la visione di un mondo nuovo e senza che questo lo si
ritenga possibile.
Da ultimo: che
rapporto c’è tra libertà e felicità? Noi crediamo che questi due concetti siano
intimamente legati. Il fine ultimo dell’uomo, di ogni uomo, pensiamo sia quello
di essere felice. La sua quasi insignificante esistenza (rispetto a quella
degli altri viventi e rispetto alle vastità materiale dell’Universo) è
temporanea (un tempo brevissimo rispetto al tempo della natura), pertanto che
senso avrebbe senza l’aspirazione alla felicità? Ma ci può essere felicità
senza libertà? Questa, ovviamente, è una domanda retorica e la sua risposta è
no. E allora la felicità dipende dalla “qualità”
della sua libertà. Se è vero che la libertà acquista un senso solamente nella
libertà dal bisogno di tutti gli uomini (in una società di uguali, insomma) la
felicità diventa un processo principalmente collettivo e mai esclusivamente individuale,
come lo è il processo di liberazione dal bisogno. Oggi molti sostengono che la
felicità consiste nel proprio successo individuale, nel riconoscimento del
proprio merito, nel proprio arricchimento personale (e mille altri elementi
sempre, però, ascrivibili all’individuo) ma… chi l’ha detto? Che felicità è mai
questa? È una felicità falsa figlia della libertà di chi se lo può permettere e
a discapito di quella di altri che invece non se lo possono permettere. E anche
per coloro che la provano è una mezza felicità, una felicità di scarsa qualità,
una felicità prete a porter. Come detto prima anche la felicità vive storicamente
come processo collettivo d’una comunità di pari. Che dite? Non l’avete mai
provata? E allora? Noi crediamo che sia possibile e crediamo, per di più, che
sia anche la quintessenza della felicità.
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