La dittatura dell'ignoranza, che ha dato il titolo a un testo di Giancarlo Majorino, ha "sdoganato" l'orgoglio di essere ignoranti; il disprezzo per il sapere e i suoi cultori; la pretesa di "fare" e saper fare anche senza conoscere; la convinzione di essere comunque migliori di tutti gli altri. In Italia lo strumento principale di questo passaggio è stata la televisione: non solo nei notiziari e nelle trasmissioni politiche, quanto nella securitaria (fondata sulla propalazione della paura) e decerebrata (fondata sulla stupidità) rifilata al pubblico culturalmente più indifeso dalle trasmissioni di intrattenimento. Ma si è innestato su processi globali. Il primo è il passaggio epocale dalla cultura scritta di libri, giornali e riviste a quella audiovisiva di televisione e internet. I "contenuti” veicolati su questi supporti possono essere gli stessi ma in genere non lo sono ma le modalità di trasmissione e recepimento li alterano radicalmente: il medium è il messaggio (McLuhan). Lo scritto richiede attenzione, sforzo, riflessione e griglie per sistematizzare quanto appreso. L'audiovisivo è volatile; consente una ricezione passiva; non comporta sforzo di apprendimento o interpretazione; permette di passare da un tema all'altro con la pressione di un tasto e si rinnova ogni giorno, relegando nell'oblio quanto comunicato solo ieri. Le cascate di parole e immagini che ci investono attraverso i media audiovisivi difficilmente si depositano e, come la moneta cattiva scaccia quella buona, l'inflazione di informazioni e immagini prodotta dai media restringe progressivamente lo spazio riservato ai contenuti meditati. La scuola - ancora quasi interamente affidata alla parola scritta in quotidiana competizione con la marea di suoni, immagini e parole, gridate, sussurrate o cantate, prodotta dai media - è stata la prima vittima di questo passaggio. Il secondo processo è il fondamentalismo - una forma di pensiero totalizzante ed escludente, non solo religioso, ma anche culturale e persino razziale, trasferendo dal piano biologico a quello culturale la propria pretesa superiorità - alimentato da una reazione identitaria, securitaria e difensiva verso lo sradicamento, la perdita delle proprie certezze, l'aumento dell'insicurezza indotti dalla globalizzazione. Cresce in tutto il mondo il numero di chi sostiene che nella Bibbia, nel Corano, nelle Upanishad o nel Vangelo - spesso senza conoscerne o saperne leggere il testo è contenuto tutto quello che una persona giusta deve sapere. Il vuoto culturale indotto da questi processi si qualifica come una sorta di pragmatismo imposto dalla cosiddetta fine delle ideologie: in realtà solo di quella socialista o comunista, che ideologia non era, bensì un insieme di saperi, certo di parte e spesso irrigiditi da codificazioni autoritarie, ma la cui cancellazione ha lasciato solo macerie. Ma le altre "ideologie" dell'Ottocento non sono scomparse. Quella cattolica è risorta in forme radicali e brutali come integralismo fondamentalista. E quella liberale, trasmutata in fondamentalismo liberista, ha ormai occupato la scena planetaria come "pensiero unico" che interpreta ogni manifestazione della vita con un "darwinismo sociale" fondato su competizione e selezione; e comandato da un mercato concorrenziale che non è mai esistito e mai esisterà in quella forma. Proprio perché ideologia che non ha alcun riscontro, non solo nella realtà dei processi economici (i "mercati" reali), ma nemmeno nella prassi di chi la professa, l'ideologia liberista o "pensiero unico può essere senz'altro identificata con la forma più dispiegata e diffusa di ignoranza: una forma di occultamento della verità e di orgoglio di ignorarla. Un riscontro ne è l'auditel: è il mercato pubblicitario, che riflette indici di ascolto ampiamente determinati da chi controlla i media, a indirizzare le "scelte culturali" dei palinsesti: a far precipitare i contenuti delle trasmissioni televisive verso la decerebrazione. Così la competizione politica si è ridotta a una corsa al peggio: vince chi riesce a falsare di più la realtà; a degradare di più contenuti e forme della comunicazione; a solleticare maggiormente gli istinti più bassi dell'umanità; a farle rinunciare più tranquillamente alla propria dignità.
Brano tratto da SLESSICO FAMILIARE di Guido Viale – Interno 4 Edizioni
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